L’istruzione femminile: l’Istituto Elisa (1807) e la Congregazione di San Felice (1812)

La riforma dell’istruzione pubblica femminile avviata dalla principessa Elisa fu completata dalla creazione di due stabilimenti di educazione: l’Istituto Elisa nel 1807 e la Congregazione di San Felice nel 1812. Mentre le giovani esponenti dell’élite della società ciitadina avrebbero ricevuto un’educazione laica e moderna nel primo istituto; le ragazze appartenenti ai ceti più modesti avrebbero usufruito di un’istruzione più limitata  adeguata alle loro diverse prospettive di vita nel secondo.

L’istituto Elisa

L’Istituto Elisa assumeva  la fisionomia, sia nelle intenzioni sia sulla carta, di un’istituzione laica. Lo scopo dell’Istituto infatti- come chiariva Elisa in una lettera indirizzata all’amico, conte de Segur, all’indomani del decreto istitutivo dell’educandato, avrebbe dovuto essere quello di:

Donner aux femmes de la ville et de la Cour qui ont de la fortune: 1 le goût de s’occuper e de leur faire perdre l’habitude de dormir tout le jour, habitude que les Italiens conservent; 2 de faire une société où l’on puisse faire autre chose que jouer et le donner par conséquent le goût de la littérature et de l’histoire; de donner un asile aux filles de bonne maison que des circonstances imprévues priveraient de se marier.

I quattro regolamenti 

La partecipazione e il coinvolgimento della principessa al progetto dell’educandato fu intenso come dimostra la pubblicazione dal 1807 al 1811 di ben quattro regolamenti interni.

Il modello di educazione proposto era quello che Elisa stessa aveva sperimentato in prima persona all’istituto di Saint-Cyr al quale si intrecciava quanto messo in pratica da Madame Campan presso l’Accademia Imperiale per l’educazione delle figlie e delle sorelle dei membri della Legione d’onore di Ecouen voluta da Napoleone.

L’educazione femminile -secondo tale concezione- era «essenzialmente diretta a formare il cuore, a moderare il naturale, a stabilire come conviene tutte le abitudini esteriori […] a formare delle buone Madri di Famiglia». A tal fine le insegnanti erano chiamate ad individuare e coltivare le inclinazioni naturali delle allieve coll’insinuazione di giuste massime e col buon esempio [….].  Le potenzialità del modello proposto non sfuggivano alla contessa Eleonora Bernardini che, entusiasta, evidenziava in una lettera inviata ad Elisa come i due istituti offrissero per la prima volta alle fanciulle una «terza via» alla cruelle alternative où étaient chez nous les Demoiselles, entre un mariage quelquefois forcé et contraire à leur inclination, et l’état de Religieuses, qui pour l’ordinaire dans les familles pauvres et nombreuses était considéré comme une ressource contre le manque de fortune…

Il programma d’insegnamento

 I quattro regolamenti registrano l’evoluzione del pensiero pedagogico di Elisa che, se in primo momento, elencava le discipline oggetto di studio in negli articoli destinati a descrivere la distribribuzione delle attività nella giornata  dell’educanda, successivamente, gli insegnamenti saranno al centro dei contenuti di articoli dedicati. In questi ultimi le materie specificate per classe, erano suddivise in «generali» (obbligatorie per tutte)  e «speciali» (da praticare solo se si possedeva l’inclinazione naturale, da svolgere con il consenso della famiglia e una spesa aggiuntiva).

La scrittura, la lettura, l’aritmetica, la lingua francese, la geografia, la lingua italiana, la composizione di lettere e la lettura de’ poeti, la storia sacra profana e antica, la mitologia, i lavori, «i doveri della Religione e della Morale» erano ritenute essenziali per la formazione di una buona madre di famiglia.  Il ballo, la musica vocale, il disegno e «il pian-forte» erano considerate discipline facoltative.

La Laicità

La soggezione del potere ecclesiastico a quello civile fu inizialmente garantito dal fatto che le Oblate avrebbero prestato giuramento di obbedienza solo alle costituzioni dell’Istituto nelle mani della Direttrice e quest’ultima «nelle mani di S.A.I». Ma già nel 1809 Elisa si vide costretta a fare un passo indietro conferendo alla promessa pronunciata dalle canonichesse, dalla direttrice e dalla sopraintendente una cornice di sacralità in quanto, seppur ancora il giuramento era prestato nelle mani rispettivamente della direttrice e di Elisa, tuttavia ciò sarebbe dovuto avvenire «davanti a Dio».

Un’iniziativa senza successo

Nonostante l’ampia offerta formativa, l’istituzione di posti gratuiti e semigratuiti l’istituto ebbe una partenza ed un andamento incerti, anche se la sua fama si diffuse ben oltre confine sia nel nord Italia che nel Sud. Molte monache dei soppressi monasteri lucchesi, infatti, come racconta compiaciuto l’abate Chelini nelle sue memorie, preferirono non essere coinvolte nell’iniziativa della principessa che si vide costretta cercare il personale direttamente a Parigi.. Per quanto attiene le educande, il loro ammontare oscillò tra un minimo di 20 e un massimo di 34.

La Congregazione di San Felice

Il disegno di Elisa  raggiunse la completa realizzazione con l’istituzione nel marzo 1812 della Congregazione di San Felice. L’idea di fondo era quella di consentire anche alle ragazze degli strati sociali meno abbienti di conseguire un’istruzione secondaria, una volta terminato il corso di studi elementare. La concreta attuazione di questo proposito fu inizialmente affidata a Luigi Matteucci,  fedele braccio destro della Principessa in tutte le questioni relative all’istruzione. Filo conduttore dell’iniziativa era dare la possibilità a tutti, nessuno escluso,  di istruirsi nel rispetto delle gerarchie tra ceti che caratterizzavano la società. Lo scopo munifico oltre che educativo attribuito all’ente era l’elemento essenziale che ne segnerà la distanza dall’Istituto Elisa sia dal punto di vista patrimoniale che giuridico.

L’impronta laicale impressa all’ organizzazione dell’Istituto Elisa veniva  completamente accantonata nel regolamento interno che regolava la vita della Congregazione di San Felice .

Se un  Commissario Civile, nella fattispecie il conte Gregorio Minutoli, era  incaricato di vigilare «sopra il temporale della Congregazione, e segnatamente 1. sopra il buon ordine e l’economia interna; 2. sopra le rendite, 3 sopra l’insegnamento e la direzione delle alunne»; se dunque la responsabilità della formazione delle educande teoricamente era attribuita al «temporale», scorrendo gli articoli relativi a tale materia, non si può fare a meno di rilevare il carattere sostanzialmente religioso dell’educazione e dell’istruzione loro impartita.

L’ingresso nella comunità prevedeva una valutazione iniziale dell’aspirante, un periodo di «noviziato» (art. 10) concluso da una cerimonia di investitura in Chiesa durante la quale la «professa» riceveva, dopo aver prestato giuramento di «obbedienza religiosa secondo i precetti del Vangelo, e le costituzioni della Congregazione», una piccola croce (art. 24-26). Le suore, pur non prendendo alcun voto, aderivano alla regola di Sant’Agostino, reminescenza dell’educazione ricevuta dalla Principessa a Saint Cyr. Non solo l’ammissione era subordinata alla condizione di figlie legittime e alla professione della religione cattolica (art. 221; mentre per l’accesso all’ istituto Elisa era sufficiente la fede di battesimo) ma anche la vita interna al convitto era punteggiata da quelle pratiche religiose ed esercizi spirituali rispetto ai quali la Principessa nutriva e, in passato aveva manifestato, la sua più totale ostilità.

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